Teatro

Dissesto e discriminazione al Biondo di Palermo. Pamela Villoresi: "Siamo molto scoraggiati"

Pamela Villoresi
Pamela Villoresi

La direzione artistica di Pamela Villoresi in corsa per trasformare il Biondo in Nazionale bruscamente frenata.

Le istituzioni fanno uno sforzo enorme per comprendere l’importanza della cultura nel nostro paese. Ne pagano le spese tutti i comparti del settore spettacolo, anche quando, di fronte a una cattiva gestione della spesa pubblica, gli enti preposti non sono in grado di assolvere agli impegni economici per le quote spettanti di diritto. 

Un altro caso purtroppo viene registrato a Palermo; ci riferiamo al Teatro Biondo, sotto la direzione artistica dell’attrice Pamela Villoresi dal 2019, che nonostante la pandemia e l’ostracismo nei suoi confronti, era riuscito ad avere tutti i requisiti per diventare Nazionale.

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Una quota per il Biondo

Il problema attuale è relativo alle cifre: il Comune versa annualmente nelle casse del teatro una quota pari ad € 1.500.000 in qualità di socio. Non è stato effettuato il versamento per l’esercizio 2021 ed è incerto quello relativo all’anno in corso fino ad approvazione del bilancio. 

Il mancato apporto del Comune ha creato un disavanzo appunto di € 1.200.000 (differenza compensata dall’attivo del teatro). Si sono innescati quindi una serie di disagi, come i mancati stipendi ai dipendenti (che hanno ricevuto un terzo delle spettanze di febbraio), le mobilitazioni degli stessi, fino alla difficoltà nell’organizzare una nuova stagione teatrale. Senza contare che Palermo poteva avere il suo Teatro Nazionale, e questo ad oggi è un obiettivo che non può essere raggiunto.

L'appello dei lavoratori del Teatro

Pamela Villoresi in lotta tra discriminazioni e consensi

Numeri alla mano, la direttrice del teatro dal 2019 era riuscita a portare onori al Biondo, ma soprattutto a dare una preziosa opportunità: un Teatro Nazionale alla comunità. Nelle dichiarazioni che ha rilasciato a Teatro.it è racchiuso il dispiacere di aver sfiorato per poco questa occasione.

Direttrice, come sta vivendo questa situazione?
Siamo molto scoraggiati. Lunedì sono stata al Ministero e ho ricevuto bellissime parole dalla Segreteria Generale dello Spettacolo: "Sia noi che la commissione eravamo ottimisti sulla trasformazione del Biondo in Teatro Nazionale, avete fatto un grande lavoro". Purtroppo non abbiamo potuto richiederlo, anche se con quei numeri e quei progetti era nostro, perché il mancato contributo comunale ci ha fatto chiudere il bilancio in rosso. Quando mi hanno affidato la direzione artistica ho saltato dalla gioia ma mi sono scontrata subito con una discriminazione di genere come mai avevo subito in 50 anni di teatro.


Discriminazione interna ed esterna: gli ‘uomini’ si parlano tra di loro, mi scavalcano, come se io fossi trasparente. Ho affrontato la pandemia, due lockdown, il dissesto del Comune e nonostante questo abbiamo ottenuto dei successi: siamo arrivati tra i primi 10 vincitori in un contesto mondiale di matrice americana, il Segal Center Awards, come miglior teatro in attività a sipario chiuso.
Avevamo aumentato gli abbonati a 6000 unità (+ 2000 in pochi mesi) e nel 2021 abbiamo avuto, nonostante tutto, il 65% degli incassi del pre-covid; il gradimento del pubblico è assoluto e unanime. Grazie al rinnovato prestigio del teatro abbiamo imbastito 3 anni di co-produzioni con i nazionali di tutta Italia. La scuola era un gioiello, ora è ferma: un delitto. 
L’ammanco del Comune cercheremo di ammortizzarlo, l'importante è che rimanga socio e versi la quota in misura non inferiore a quella stabilita per il contributo dal Ministero.

Teatro Biondo di Palermo


Quali margini ci sono affinché la situazione si risolva in tempi brevi e positivi?
La Regione e il Ministero ci danno tutto il loro appoggio, per il Comune ci saranno le elezioni ma non credo vogliano far fallire il Teatro Massimo e il Biondo. Anche se purtroppo tra i banchi dell'opposizione, fortunatamente non tutti alcuni sostengono la cultura, si pronunciano frasi tipo: ‘chi vuole la cultura, se la paghi!’.

​​​​​​Anche se purtroppo alcuni oppositori pronunciano frasi tipo: ‘chi vuole la cultura, se la paghi!’.
E’ come dire che chi vuole le cure mediche o voglia studiare, lo faccia a pagamento. Noi continuiamo a fare il nostro dovere perché la cultura è un servizio pubblico, non solo, non viene capito che è l’oro nero dell'Italia. Sono molto affaticata, ma si continua a combattere.

Qual è il suo appello?
Rispetto e serietà: dalle istituzioni per questo teatro, da chi si occupa del teatro stesso, rispetto per la dignità delle persone e per il loro ruolo.
 

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